Questo volume raccoglie gli scritti leopardiani dedicati alla querelle classico-romantica su cui si incentrò il dibattito letterario in Italia a partire dal 1816, anno della pubblicazione del celebre articolo di M.me De Staël Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni. Sono scritti giovanili, caratterizzati a volte da toni enfatici e da una eccessiva sicurezza nell'esposizione; tuttavia contengono già, in nuce, gli elementi a partire dai quali si svilupperà la riflessione poetica matura di Leopardi. Egli infatti propugna il Classicismo come vagheggiamento della felicità originaria, contrapposto agli eccessi del Romanticismo del quale però condivide il rifiuto delle regole imposte dalla tradizione alla poesia. I testi, ben presentati da Rosita Copioli, provano dunque che, come affermava Ungaretti, "Leopardi è uno di quei poeti che a rimpicciolirli in etichette solo darebbe prova della propria piccolezza chi lo facesse"