«Ormai ero soltanto uno fra gli spettatori del secolo».Questo libro è un unicum narrativodove verità e finzione sono del tuttoindistricabili, un enigma che da duesecoli intriga storici, letterati, lettori.Pubblicato in francese a Londranell’aprile del 1817, il Manoscritto sipresentava come un’autobiografia diNapoleone, ma l’imperatore, che nericevette una copia a Sant’Elena, negòd’averlo scritto – pur rimanendoneaffascinato.
Chiunque egli fosse, è indubbio chenell’anonimo autore si celasse la manodi uno scrittore. La prosa asciutta elapidaria, il ritmo concitato dellanarrazione, gli effetti retorici espettacolari di uno stile che rispecchial’interiore partecipazione agliavvenimenti: tutto asseconda in modoprodigioso la rappresentazionemimetica degli orgogliosi ricordi edelle frustrazioni che dovetteroalimentare la vita quotidiana diNapoleone a Sant’Elena.
Le note che Napoleone ha volutoaggiungere per «correggere» qui e làle affermazioni del Manoscritto nonfanno che infittire il mistero della suaautenticità. Nella sua indispensabileintroduzione Sergio Romano nericostruisce le trame, ripercorrendo levarie ipotesi sulla paternità delManoscritto: i grandi figli del secoloMadame de Staël e Benjamin Constant,o il più oscuro agronomo ginevrinoLullin de Châteauvieux?
«È un’opera che farà epoca»: è ilgiudizio con cui Napoleone stessosuggellò il fascino di un racconto chelo consegnava alla storia comepersonaggio letterario, e che insiemerestituiva alla storia il senso magico diun’avventura umana.
Sergio Romano (Vicenza, 1929) è stato ambasciatore alla Nato e a Mosca.Ha insegnato all’Università di Firenze,a Harvard, Berkeley e alla Bocconi.Storico e editorialista del «Corrieredella Sera», il suo ultimo libro, conBeda Romano, è Merkel, la cancellierae i suoi tempi (Longanesi, 2021).