L'Antico e il Nuovo Testamento non contengono solo la parola di Dio rivelata all'uomo come una sorta di messaggio a senso unico, in realtà raccolgono un dialogo fitto, uno scambio continuo e sempre eterogeneo tra uomo e Dio. Partendo da questa considerazione e dall'osservazione che l'intera Bibbia è ricca di inni, suppliche, meditazioni, preghiere personali e comunitarie, Gianfranco Ravasi propone un'originale rilettura dell'Antico Testamento non «dal punto di vista di Dio ma da quello dell'uomo», concentrando cioè la sua attenzione sulla reazione dell'uomo di fronte all'irrompere di Dio nella sua vita. Molte sono le figure che nelle pagine anticotestamentarie si rivolgono al Signore: c'è Mosè ma ci sono anche i ribelli del deserto, c'è il profeta e lo sposo che teme per la prima notte di nozze, c'è il sapiente e il guerriero, c'è lo schiavo e il re; molti sono i toni usati: dalla gratitudine all'irritazione, dal rimprovero all'ammirazione. Ed è proprio dalle parole dolorose di Giobbe, irate di Giona, stupite di Sara, dalle invocazioni poetiche degli inni, o strazianti delle suppliche che emerge la relazione intensa, complessa a tratti gioiosa a tratti contraddittoria che lega il popolo d'Israele a Dio. Sulle tracce di questo rapporto Ravasi ripercorre la trama del testo sacro iniziando con i patriarchi, per seguire poi le avventure dell'esodo dall'Egitto, penetrare nella terra promessa conquistata, accompagnare gli Ebrei esuli «lungo i fiumi di Babilonia» e giungere infine alle soglie del cristianesimo. Si scopre così che a pregare, a rivolgersi al divino, non è il singolo Ebreo ma l'umanità intera, che le passioni, i sentimenti, i timori, le speranze espressi nell'Antico Testamento sono gli stessi che ogni uomo sperimenta, e che ancora oggi, sebbene con linguaggio e in forme diverse, ci poniamo i medesimi interrogativi sul senso dell'esistenza e sulla presenza di Dio