«Con Nord il filo della storia è spezzato, bruciato in un cimitero di fantasmi». Giuseppe Guglielmi
Nord è l'ultimo romanzo pubblicato in vita da Céline (nel 1960). È il secondo tassello della «trilogia» tedesca, che rievocava in maniera fantastica, orrifica e comica le peregrinazioni di Céline, della moglie Lili e del gatto Bebert per la Germania in rovina sotto i bombardamenti alleati tra il 1944 e il 1945. Dei tre libri Nord è quello che racconta gli episodi iniziali dell'odissea céliniana ed è quello in cui le avventure individuali dei protagonisti spiccano maggiormente nel caos collettivo che li circonda e li inghiotte. Spiccano anche le figure degli altri collaborazionisti francesi profughi in Germania: un'umanità infernale e grottesca attanagliata dalla fame, che si spia, che odia. Di fronte a loro i tedeschi, il loro disprezzo per questi alleati straccioni, il loro gusto di uccidere per un nonnulla. Il tutto in una prosa egocentrica e ossessiva, specchio mirabile del suo autore.
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La partitura musicale del testo, gli andirivieni spazio-temporali, l'oralità che simula la voce esclamativa e gridata in sovratoni spasmodici, il porgere gesticolante e più spesso ammiccante, sono i sintomi di un processo di somatizzazione della Storia per cui, fatalmente, gli avvenimenti retrocedono in uno sfondo scuro e opaco mentre vengono in primo piano, per definirsi con violenza aggettante, i riflessi psicosomatici, le ferite fisiche o psichiche e la loro impossibile cicatrizzazione. La verità di Nord e della Trilogia non è il risultato di una ritrattazione (perché Céline purtroppo non rinnega nulla dei propri trascorsi) né l'esito della strategia vittimistica che mira ad adulterare, in mala fede, il senso del suo antico antisemitismo, ma è semmai la perfetta stilizzazione di un patema. È il dolore nella sua esattezza lancinante, animale, che affiora pulsando senza più la necessità di un referente o di un capo di imputazione.
Dalla prefazione di Massimo Raffaeli