«Due operai stanno ammucchiando mattoni lungo una strada. Passa un viandante che s'informa sulla natura del loro lavoro. Uno modestamente risponde: "Sto ammucchiando mattoni". L'altro esclama: "Innalzo una cattedrale!".» Forse non sembra, ma la differenza è enorme. Il primo degli operai descritti da Pietro Nenni in Parlamento, nel 1959, impila pietre: per sé e per guadagnarsi da vivere oggi. Il secondo fa esattamente lo stesso, ma sa di costruire qualcosa di grande per il futuro.
Proprio il futuro è, da sempre, l'orizzonte di riferimento di chi contribuisce alla costruzione di una cattedrale. Un lavoro che costa fatica, non produce vantaggi personali immediati, ma rimarrà nei secoli, per le generazioni che verranno dopo di noi. E la cattedrale si rivelerà tanto più solida e splendente quanto maggiore sarà la partecipazione della comunità alla sua realizzazione. Il nostro Paese ne è disseminato: opere dell'ingegno e dell'arte fatte in nome di un progetto alto e condiviso. Oggi è difficile anche solo immaginare qualcosa di simile. Che ne è stato di quell'ansia di futuro?
Enrico Letta non ha dubbi: anche la crisi economica e sociale che stiamo vivendo è figlia del «presentismo ». Della tendenza, cioè, a sacrificare all'utilità del momento ogni investimento nel futuro che richieda tempo, capacità, pazienza. L'Italia è ammalata di «presentismo» come e forse più degli altri Paesi avanzati. Siamo ripiegati sulle nostre paure, facciamo pochi figli e lasciamo pochissimo spazio ai più giovani, soprattutto a quelli di talento. La politica riflette e amplifica questa malattia. Ossessionata dallo spettro dell'impopolarità, rinuncia a quella che dovrebbe essere la sua missione più nobile: costruire il futuro del Paese.
Eppure, per la politica è questo il momento di ritrovare l'ambizione di realizzare progetti solidi e duraturi. La cattedrale può essere una risposta alla crisi. L'occasione per fare riforme troppo a lungo rinviate. La spinta a riscoprire il valore e la gioia di dar vita a imprese capaci di durare nel tempo, ben oltre noi e i nostri problemi di oggi.
Costruire una cattedrale è un manifesto per un Paese che voglia uscire dalla crisi con scelte coraggiose e innovative, senza paura di cambiare se stesso e un modello di organizzazione sociale che non funziona più. Ma è soprattutto un invito a lavorare sodo e insieme. A imitare - secondo la bella immagine che Nino Andreatta evocava - la fatica ingrata degli scalpellini medioevali che, per costruire la loro cattedrale, mettevano la stessa dedizione in tutte le decorazioni, si trattasse della facciata o dell'interstizio più nascosto, quello nell'angolo là dietro, che «solo i piccioni erano in grado di apprezzare.»