Published in Sociologia n.1/2018 - Rivista quadrimestrale di Scienze Storiche e Sociali dell'Istituto Luigi Sturzo, diretta da Andrea Bixio | “Stilus optimus et praestantissimus dicendi effector ac magister; neque iniuria; nam si subitam et fortuitam orationem commentatio et cogitio facile vincit, hanc ipsam profecto adsidua ac diligens scriptura superbit.” Lo stiletto è ottimo ed eccellente artefice e maestro dello stile; e non a torto; infatti se lo studio e la meditazione superano di gran lunga un discorso improvvisato e d’occasione, lo scrivere operoso e diligente supera certamente quello stesso discorso. Ho inteso iniziare questa meditazione sull’ultima opera di Paolo Grossi con una citazione dal De oratore di Cicerone per due distinti e tuttavia collegati motivi. Il primo riguarda il titolo stesso del volume di Grossi, dal momento che rinvia ad una nota opera dello stesso Cicerone, il De Inventione. Il secondo perché a mio parere caratterizza bene il modo di manifestarsi del pensiero del nostro Autore. È ben conosciuta la virtù di quest’ultimo nell’affrontare con prontezza i problemi grazie ad una precisione concettuale che è sempre rivestita da un linguaggio raffinato nelle dolci acque dell’Arno. La lingua di Grossi è manifestamente erede di quel parlare che ha inventato la nostra lingua nazionale e che oggi è normalmente offeso da questa stessa per aver obliato il nesso profondo che lega la parola ed il concetto. Non possiamo, infatti, comprendere per bene le cose, se la parola abbia per dolorosa avventura perso la propria sensibilità. È noto altresì che il suo pensiero è, appunto, come lo stiletto evocato da Cicerone, perché non si accontenta dell’immediato, ma ha sempre bisogno di incidere a fondo nella nostra cultura, in modo da farvi penetrare quei significati che l’abitudine agli schemi consueti talora spinge a rifiutare, talvolta induce a superficialmente eludere.