Jack London scrisse un numero assai considerevole di racconti (199) prima della sua morte prematura, oltre che romanzi (13), saggi, opere teatrali, poesie e articoli.
Le storie raccolte in quest’opera, tratte da diverse antologie scritte dall’autore, hanno come sfondo la primitiva frontiera dell’Estremo Nord, per lo più il selvaggio Klondike, distesa ghiacciata spazzata da bufere di neve, una regione dei Territori del Nord-Ovest del Canada, appena al di là del confine orientale dell’Alaska. Qui uomini e animali, avventurieri di ogni risma, cercatori d’oro, contrabbandieri e nativi americani sopravvivono lottando nelle dure condizioni che la natura pone loro contro. Al centro degli interessi narrativi di London è ancora una volta il brutale e impietoso circolo della vita, con i suoi ineludibili apici, la nascita e la morte, all’interno del quale crudelmente la natura imperversa con le sue ferree leggi che non possono che essere accettate con rassegnazione, e un minore o maggiore grado di saggezza. In particolare, London tratta la difficile convivenza tra il mondo ‘moderno’ dei bianchi giunti in quei territori inesplorati a colonizzare, i quali avanzano e conquistano, portatori di aspettative fasulle, di un progresso esclusivamente materiale, con quello degli indiani, che pur ancora regolato da ataviche tradizioni, governato da semplicità, armonia e rispetto della natura, mai vista come matrigna ma giusta e benevola madre, tuttavia progressivamente si sgretola al contatto del forzato conformismo dei civilizzatori.