Composto verso il 1960, pubblicato nel 1981, e definito dallo stesso Thomas Bernhard come un testo di assoluta pregnanza all’interno della sua produzione narrativa, Ave Virgilio rappresenta l’esito di due tendenze stilistiche apparentemente contraddittorie. Riflessione teorica e concrezione corporea, teologia negativa e ossessione materica, proiezione simbolica e décor regionalistico convergono nella stesura di un manufatto nero ed oracolare. Infatti, benché il libro rechi le tracce di due soggiorni all’estero (Gran Bretagna e Italia), il suo vero cuore sta nel lacerante sentimento di attrazione e odio che l’autore nutre verso la propria terra. […] Osti, parroci, sindaci, mastri birrai, arcivescovi, scrivani comunali, contadini e sposi, figure dell’autorità o del martirio (il Padre contro il Figlio) insieme a baluginanti santi intercessori quali Catullo, Dante, Pascal o Virgilio, compongono il quadro di un inferno bucolico fatto di sangue, cunei nella carne, mattatoi. […] Profeta dei deformi, l’io narrante erige il suo carme sulle fondamenta della prosa, tra nomi e contronomi. Così, la sua voce del lutto attraversa la realtà creaturale in tutto il suo orrore, fino a produrre un’esperienza poetica tra le più originali e convulse del secondo Novecento.
Valerio Magrelli