Un giovane uomo e una madre persa da tempo. A riunirli, infine, la morte di lei, avvenuta lontano, in una Bucarest che l’aveva portata via da casa e dall’affetto del figlio per inseguire un sogno di rivalsa, lo stesso di molti italiani partiti alla conquista dell’Est dopo il crollo del blocco comunista. Lo stesso di tanti, con l’ambizione due volte scandalosa, per una donna, di provare a essere felice. “Mi avevi disegnato il mondo sopra un foglio, la sera prima, e mi avevi fatto vedere dove andavi. Noi siamo qui, avevi detto, e domani io sarò in questo punto quaggiù. Avevi tracciato una riga con un pennarello rosso che partiva da casa e arrivava fin lì. È un ponte, dicevi, è come passare dall’altra parte del fiume.” Ripercorrendo il tragitto che l’ha portata via, osservando i medesimi paesaggi, occupando i luoghi in cui lei stessa ha vissuto il tempo della loro distanza, Lorenzo cerca di ridisegnare il volto di una donna il cui ritratto elusivo è diventato negli anni sempre più indecifrabile. Un tentativo, in extremis, di ricostruire un ponte che possa finalmente riunire le due metà dell’esistenza di una madre. La struggente lettera di un lungo addio che un figlio non può mai scrivere davvero.