Dagli attentati ai terremoti, dagli incidenti aerei ai sequestri, dai massacri ai suicidi, ogni avvenimento violento invoca la presenza di psichiatri e psicologi che intervengano in nome della traccia psichica del dramma: il trauma. A lungo questa nozione è servita a squalificare soldati e operai della cui sofferenza si metteva in dubbio l’autenticità. Oggi, grazie al trauma, le vittime trovano un riconoscimento sociale. E proprio sulla condizione delle vittime si concentrano le analisi di Fassin e Rechtman, tra i principali antropologi contemporanei. L’impero del trauma delinea l’appassionante percorso che dai lavori di Charcot, Janet e Freud giunge all’invenzione del disturbo post-traumatico da stress negli Stati Uniti, fino all’attuale era di riabilitazione, che produce l’apparizione di una nuova soggettività politica: quella della vittima.