Questo libro è la più recente (1992) scelta che Canetti ha estratto da quell’immane miniera di appunti da cui sinora erano affiorati due volumi – "La provincia dell’uomo" e "Il cuore segreto dell’orologio" – e che possiamo ormai intravedere come una delle opere più grandiose e singolari del nostro secolo. Gli appunti di Canetti sono anche, ma non solo, aforismi. Sono racconti in una riga, saggi in cinque righe, ipotesi che spalancano o terrorizzano o alleviano la mente, ritratti di singoli, nuove articolazioni di pensieri, citazioni abbaglianti – e altro ancora. Infine, come Canetti ha accennato una volta, questi appunti sono per lui un modo di respirare. Nella loro irriducibile peculiarità, gli autori a cui più si avvicinano – per la forma asciutta e densa – sono Lichtenberg, Hebbel, Kafka. Alla Tortura delle mosche (il titolo è ricavato da un ricordo sadico di Misia Sert) si può applicare questo pensiero radicale di Canetti: «Dei filosofi avvitati in se stessi egli non sa che farsene. Ha bisogno di filosofi che tocchino dolorosamente, in lui o in altri, punti vitali».