Adolfo Albertazzi nacque a Bologna da famiglia romagnola l'8 settembre 1865. Nel 1886 si iscrisse alla facoltà di lettere dell'università di Bologna, dove fu allievo del Carducci. Si laureò nel 1890 e insegnò per alcuni anni a Mantova. Grazie allo stesso Carducci riuscì a ritornare a Bologna, dove insegnò per il resto della sua vita presso il R. Istituto Tecnico.Si applicò in seguito alle ricerche storiche e filologiche, che erano quelle caldeggiate dal suo illustre professore e il suo primo lavoro fu quindi Romanzieri e romanzi del Cinquecento e del Seicento, (Bologna 1891), dove prendeva in esame una quantità di autori ignoti o quasi, nell'ambito di un genere della letteratura italiana. Si sforzò di piegare le sue doti naturali di fantasia e di improvvisazione artistica alle aride ricerche storiche e filo-logiche, che, com' è noto, erano le sole ammesse alla scuola del rigoroso maestro, sebbene, come più tardi egli stesso confessò, non ne traesse soddisfazione. Non ha profondità di pensiero nè mezzi stilistici tali da permettergli l'impianto di un romanzo. La sua vena esile ha possibilità di efficace espressione solo nelle composizioni di taglio breve, nelle quali anche la sua sapienza stilistica ha modo di manifestarsi appieno«zione artistica alle aride ricerche storiche e filo-logiche, che, com' è noto, erano le sole ammesse alla scuola del rigoroso maestro, sebbene, come più tardi egli stesso confessò, non ne traesse soddisfazione. Non ha profondità di pensiero nè mezzi stilistici tali da permettergli l'impianto di un romanzo. La sua vena esile ha possibilità di efficace espressione solo nelle composizioni di taglio breve, nelle quali anche la sua sapienza stilistica ha modo di manifestarsi appieno: in una parola, la novella è il genere proprio di un siffatto temperamento, e lo stesso autore ne fu consapevole, almeno a partire da un certo momento della sua attività letteraria. La sua opera narrativa fu variamente giudicata. Dall'analisi benevola e pur criticamente severa di L. Russo, il quale parlò giustamente di "narratore poco istintivo, ricco d'ingegno e di cultura e di nobilissime intenzioni, ma povero di temperamento", si passa al tono quasi di esaltazione di G. Papini e D. Giuliotti, i quali lo stimarono come "uno dei pochi prodigi della vivente letteratura italiana -uno scolaro di «Carducci che non fa il carducciano - uno scrittore che legge e sa leggere - un professore senza pedanteria (...) un'eccezione, un mostro, un eccentrico, un modello - un galantuomo"; alle parole di lode di R. Serra, che lo disse "uno scrittore nuovo e schietto, che usa pacatamente un'abilità tecnica rara", e al quale si possono attribuire "tre o quattro fra le più belle novelle della nostra letteratura". In complesso, si può dire che il suo stile narrativo ricalcato, soprattutto agli inizi, su antichi modelli e ricoperto come da una sottile patina di arcaismo, è limpido e schietto, ma povero; che la sua fantasia non ha inventato cose grandi, disdegnando i voli troppo alti e perigliosi. Al vicino, che gli chiedeva del suo servizio, rispose con l'impeto d'una coscienza aperta a tutti i doveri e a tutti i pericoli della carica. E per dimostrarne meglio la gravità, aggiunse: Addetto al vettovagliamento! Anche la voce, forte, sonora, era espressione di vigoria...