I testi raccolti in questo volume sono tratti dalle pagine dei Quaderni del carcere, scritti da Antonio Gramsci tra il 1929 e il 1935. Essi costituiscono uno dei nodi più significativi del suo pensiero, e rappresentano al tempo stesso uno dei nuclei più densi e compatti che la cultura italiana abbia mai prodotto a proposito della vicenda risorgimentale e post-unitaria. Si tratta di testi largamente studiati e a più riprese riproposti in differenti forme editoriali, entrando a far parte, per lunghi anni, del «canone» della cultura italiana del secondo Novecento. Nuova è però l’organizzazione che viene qui proposta. Nella redazione dei Quaderni, Gramsci aveva allineato la prima stesura dei suoi appunti in una forma sparsa. Solo in un secondo momento, su alcuni temi che egli riteneva particolarmente significativi, procedette al riversamento delle prime stesure in una serie di quaderni «tematici»: tra essi, appunto, il Quaderno 19, Risorgimento italiano. La nuova stesura comportò talvolta qualche aggiunta o correzione. Molti testi riguardanti il tema del Risorgimento non furono tuttavia trascritti nel Quaderno 19. D’altro canto, tra i testi di prima stesura, come pure tra quelli riscritti nel Quaderno 19, ve ne sono molti che presentano un carattere frammentario, o di pura annotazione bibliografica. La scelta che qui si è fatta è stata di presentare una selezione dei testi tra i più significativi organizzati secondo un criterio tematico. Il volume si rivolge infatti a un ipotetico «primo lettore» che non abbia mai avuto fin qui l’occasione di accostarsi agli scritti di Gramsci, e che voglia farsene una prima idea diretta, cominciando a penetrarne la complessità. Chiude l’antologia una breve scelta di alcuni articoli e documenti scritti da Gramsci nella fase della sua attività giornalistica e politica prima del carcere, nei quali sono contenute riflessioni di grande interesse attorno al nucleo tematico che qui ci interessa. Così presentati e organizzati, i testi gramsciani sul Risorgimento e l’Unità acquistano una nuova, sorprendente freschezza. E mostrano di avere molte carte per interloquire con la nostra lettura del passato, e in fin dei conti, col nostro presente.
Antonio Gramsci nasce ad Ales (Cagliari) nel 1891. Compie gli studi liceali a Cagliari, dove partecipa attivamente al movimento socialista. Negli anni universitari (1912-17), durante i quali frequenta diversi corsi della Facoltà di Lettere e di quella di Legge dell’Università di Torino, è membro attivo della sezione socialista, e dal 1916 è tra i redattori dell’edizione torinese dell’«Avanti!»: su questo giornale e sul «Grido del popolo» pubblica articoli di carattere vario, dai commenti politici alle recensioni letterarie e teatrali. Nel 1919, insieme a Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti, fonda una rivista, «L’Ordine Nuovo», attraverso la quale farà conoscere documenti e testimonianze da tutto il mondo sulla vita di fabbrica e ispirerà il movimento dei consigli di fabbrica, nei quali individua il nucleo di una possibile versione italiana della rivoluzione socialista. Nell’aprile 1920, il fallimento di una lunga stagione di scioperi e di occupazioni, che aveva visto il gruppo dell’«Ordine Nuovo» in prima linea, rivela una rottura insanabile all’interno delle forze socialiste, preludio della scissione; la rottura verrà ufficializzata a gennaio dell’anno seguente, in occasione del Congresso di Livorno, quando Gramsci sarà tra i fondatori del Partito comunista. Dal giugno 1922 alla primavera del 1923 viene inviato a Mosca come rappresentante del Partito presso la Terza Internazionale; partecipa al IV congresso dell’Internazionale, quindi si trasferisce a Vienna, dove prosegue il suo lavoro di dirigente dell’organizzazione comunista. Tornato in Italia, nell’aprile del 1924 Gramsci viene eletto deputato. Per tre anni è segretario del Partito comunista. In occasione del delitto Matteotti, si batte contro la passività della secessione dell’Aventino e per l’unità delle forze operaie. Nel 1926, mentre il partito entra nella clandestinità, al III Congresso nazionale, tenutosi a Lione, riesce a imporre la propria linea politica con l’approvazione delle Tesi redatte insieme con Togliatti. L’8 novembre 1926, sulla base dei «provvedimenti eccezionali» adottati dalla dittatura, Gramsci è arrestato insieme ad altri deputati comunisti e rinchiuso in isolamento nel carcere di Regina Coeli a Roma; da qui, dopo due mesi di confino a Ustica, sarà trasferito al carcere di San Vittore a Milano. Il 28 maggio si apre il «processone» contro Gramsci e il gruppo dirigente del partito, che si conclude pochi giorni dopo con la condanna a vent’anni. Gramsci viene trasferito nel carcere di Turi. Qui ottiene finalmente il permesso di scrivere e, spinto dalla necessità di «far qualcosa», comincia a stendere le note e gli appunti dei Quaderni. In seguito ai provvedimenti di amnistia e di condono per il decennale fascista, la condanna di Gramsci viene ridotta a 12 anni e 4mesi,ma le sue condizioni di salute si aggravano sempre più e, dopo diverse richieste, nell’ottobre del 1933 viene ricoverato in una clinica a Formia. Il 25 ottobre 1934 ottiene la libertà condizionale. Nei mesi successivi si trasferisce a Roma, presso la clinica Quisisana, per un lungo periodo di degenza. Riacquisita la piena libertà nell’aprile 1937, muore il 27 dello stesso mese a causa di un’emorragia cerebrale.