Quando queste Lettere apparvero per la prima volta nel 1947, l'emozione fu intensa. Tra gli altri, Benedetto Croce affermava che «il libro appartiene anche a chi è di altro o opposto partito politico», e che «come uomo di pensiero Gramsci fu dei nostri, di quelli che nei primi decenni del secolo in Italia attesero a formarsi una mente filosofica e storica adeguata ai problemi del presente». Monumento umano e letterario, documento di un rovello intellettuale, di un'esperienza vitale per la nostra cultura, le Lettere dal carcere sono entrate a far parte della coscienza degli italiani. Perché, come ricorda Michela Murgia: «Nessun altro filosofo al mondo, eccetto Marx, ha esercitato lo stesso fascino di lingua in lingua, seducendo quattro generazioni con il suo pensiero e con la forza di una dialettica cosí tagliente da aver colonizzato il linguaggio ben oltre l'area ideologica a cui voleva dar riferimenti».