Di umili origini, salito al trono come successore dello zio, Giustiniano completò l’opera del fondatore di Costantinopoli, l’imperatore Costantino, facendo di questa città il crocevia del mondo e la capitale di una civiltà, quella bizantina, che sarebbe durata per quasi un millennio fino al saccheggio crociato del 1204 e poi alla conquista ottomana. Insieme alla moglie Teodora, l’arricchì di capolavori dell’arte classica, di templi e monumenti. Il suo lascito più grande è nel famoso Corpus iuris civilis, la raccolta di testi di diritto romano nella quale l’imperatore dettò le sue nuove leggi, preoccupandosi però di armonizzarle coerentemente con quelle antiche. Perseguì con tenacia l’uniformità religiosa, proibendo non soltanto il culto, ma qualunque manifestazione di credenza pagana o non conformista al cristianesimo bizantino, compresa la millenaria scuola filosofica di Atene, che fece chiudere per sempre. Spese immense energie per cercare di riconquistare la pars Occidentis dell’impero, in mano ai regni barbarici, così come l’ex Africa romana, altrettanto barbarizzata. La guerra impegnò il suo esercito per diciotto anni, concentrandosi alla fine sull’Italia e su quella Roma che da tempo aveva perso lo status di capitale. Riuscì a strapparla al re ostrogoto Totila ma, pur avendo recuperato il simbolo più glorioso del lontano passato, non riuscì a consolidare le sue conquiste. Le continue campagne militari, accompagnate da una grave pestilenza, avevano intanto devastato larga parte della Penisola. La tentata riunificazione dell’impero rappresentò così uno spartiacque demografico e l’avvio di una ancor più decisa ruralizzazione per la pars Occidentis, sempre più spopolata.