Littlefoot, diciottesimo libro di uno dei più celebrati poeti americani, costituisce un’inesausta meditazione sulla mortalità: il poeta-narratore scruta i cieli come una mappa, alla ricerca delle ultime indicazioni sull’“altro lato della sua stessa morte”. Seguendo il corso di un anno, il settantesimo del poeta, assistiamo al mutare delle stagioni sulla sua terra, rendendoci conto che ci siamo riflessi in essa, che la vera affinità è tra scrittore e soggetto, umano e natura, l'uno che diventa l'altro, poiché il fiume è come il nostro sangue, “si accende,/lontano dalla vista, lontano dalla mente”. Disseminato di testi di canzoni d’amore e vecchi spirituals, in questo libro troviamo solitudine e rassegnazione – giacché un ritorno alla terra amata è impossibile – ma anche un grido di gioia, poiché “tutte le cose vengono dallo splendore”. E soprattutto l’interrogativo pressante che il poeta non può fare a meno di porsi: “Ti mancherò quando me ne sarò andato?”.