Giorgio Albertazzi è stato un uomo dalle mille sfaccettature: spirito ribelle, anticonformista - tanto che Dario Fo lo chiamava "l'anarchico" -, un attore indimenticabile nel panorama teatrale italiano. Le luci, il successo, ciò che lo ha reso celebre presso un grandissimo pubblico sono gli innumerevoli ruoli interpretati magistralmente da Shakespeare a Sofocle, da D'Annunzio a Pirandello, la vocazione totale verso il teatro che ha sempre preferito al cinema, i personaggi memorabili come l'imperatore Adriano tratto dal romanzo di Marguerite Yourcenar, l'autentico divo della televisione italiana negli anni Sessanta. L'Albertazzi "perdente" è invece più difficile da inquadrare, ma coinvolge molti aspetti della sua vita privata e delle sue scelte personali, come il passato da repubblichino mai rinnegato e gli anni di carcere fatti proprio per questa ragione. Personaggio di spicco indiscusso della cultura italiana, un attore nato per stare sul palcoscenico, una storia da leggere e riscoprire nel centenario della sua nascita: nelle sue memorie, affidate a questa preziosa autobiografia, ci restituisce il ritratto di un uomo, e di un attore, contraddistinto dalla libertà intellettuale, dall'intensità delle sue passioni e dal suo talento.