La buca by Hiroko Oyamada

La buca

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Il frastuono delle cicale copre ogni altro rumore quando Asa si avventura lungo la sponda del fiume che costeggia la casa di Tomiko, sua suocera. In lontananza, si odono le grida allegre di un bambino, qua e là vecchie riviste e lattine vuote si confondono nel verde cupo della vegetazione. Asa si è svegliata poco prima delle sei, ha preparato la colazione e il bentō, il cestino del pranzo, per Muneaki, suo marito, lo ha salutato, è andata a fare la spesa, si è dedicata alle pulizie e nel pomeriggio è uscita per sbrigare una commissione per conto di Tomiko. Dal giorno in cui suo marito è stato spedito per lavoro in quella sperduta area di provincia di cui è originario, e lei lo ha seguito rinunciando alla sua misera retribuzione di lavoratrice a contratto, questa è la sua nuova vita. L’aria è greve e soffocante e l’acqua scura del fiume brilla davanti ai suoi occhi. Asa solleva lo sguardo e, a qualche metro di distanza, scorge un animale nero. Il dorso è grosso e massiccio, le zampe pelose e robuste, la coda lunga un po’ ricurva, il corpo interamente ricoperto da una folta e ispida pelliccia. Un cane? Una donnola? Un cinghiale? In realtà, sembra una creatura non appartenente ad alcuna specie conosciuta. Una creatura, inoltre, abituata alla presenza umana, dato che procede tranquillamente senza curarsi di essere seguita. Quando la sua coda nera si infila sinuosa in un cespuglio, Asa affretta il passo per scoprire con sgomento che sotto i suoi piedi non c’è piú nulla. Un balzo, e si ritrova caduta in una buca profonda, dritta e in piedi, senza perdere l’equilibrio… Cosí, in un paesaggio pieno di personaggi eccentrici e creature non identificabili, ha inizio la prima di una serie di esperienze stranianti per Asa, giovane donna giapponese del nuovo millennio, alla ricerca del suo ruolo nel mondo. Romanzo vincitore del Premio Akutagawa, il piú importante premio letterario giapponese ottenuto in passato da Mieko Kawakami e Kenzaburō Ōe, La buca fa parte a pieno titolo della «nuova epoca d’oro della letteratura giapponese» in cui, secondo il Japan Times, «la letteratura si è fatta piú delicata, piú diretta, non piú appannaggio dell’élite che ha frequentato l’Università di Tokyo. Abbraccia piú donne, minoranze e voci meno privilegiate. Genera opere di valore sociale e di profonda rivisitazione della vita moderna». «Ci vuole una scrittrice di grande talento per plasmare il banale quotidiano in arte, per costruire un mondo intero intorno a una metafora. Oyamada ha il perfetto controllo del suo dono». The Japan Times «Una piacevole vertigine. Oggetti che spuntano all’improvviso tra le mani dei personaggi. Volti che appaiono ora vividi ora grotteschi. Niente è stabilito: tutto in questo libro potrebbe essere un’allucinazione». The New York Times Book Review «Sottili dinamiche familiari e un immaginario eccentrico portano questa storia di irrequietezza e inquietudine verso vette memorabili». Kirkus Reviews «Inquietante, ma al tempo stesso pieno di significato e bellezza». The New Republic

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