La fabbrica è grande, grigia e assomiglia in tutto e per tutto a una vera e propria città, con un ponte a due corsie, un servizio di autobus e una propria compagnia di taxi. Vetture e furgoni con il suo celebre logo percorrono tutti i giorni le strade dei dintorni, e non vi è genitore che non auguri ai figli una brillante carriera alle sue dipendenze. Per la giovane Yoshiko, fresca di laurea, l’assunzione nella fabbrica rappresenta di certo un sogno che si realizza, e poco importa che il lavoro le venga pagato a ore, sia a tempo determinato e preveda un’unica mansione: azionare una macchina distruggi documenti per tutto il giorno, in qualità di membro della cosiddetta «Squadra distruttori». Per il briologo esperto in muschi Yoshio il salto di qualità è evidente: da ricercatore precario di una università di provincia a dipendente a tempo indeterminato nella famosa azienda in cui, a detta del suo professore, tutti i migliori laureati del paese sognano di entrare. E così Yoshio si ritrova a dirigere l’ufficio «sviluppo tetti verdi» del Reparto nuove soluzioni ambientali, che nemmeno esisteva prima del suo arrivo. L’assunzione nella fabbrica pare provvidenziale anche per Ushiyama, che lavorava come tecnico informatico per una piccola ditta prima di essere licenziato in tronco e senza spiegazioni. Ora lavora come correttore di bozze al Reparto dati e documenti della fabbrica. Ha a che fare solo con fogli di carta, penne e matite e ancora non ha capito se deve ritenersi fortunato. Tre giovani vite dedicate a una liturgia, il lavoro nella fabbrica, che, come un servizio di culto dovuto a un dio sconosciuto, governa il loro tempo. Che cosa produce, infatti, la fabbrica? Ed esiste ancora un mondo oltre i suoi confini? Opera prima di una delle voci giovani più potenti e singolari del Giappone, La fabbrica ritrae, con sottile humour kafkiano, il «titanico ecosistema della vita lavorativa moderna» (Japan Times) in cui la vita umana sembra naufragare. «Un esordio stellare e strabiliante». Publishers Weekly «Nel libro si scatena una piacevole vertigine. Gli oggetti hanno modo di apparire improvvisamente nelle mani dei personaggi. I volti diventano sempre più vividi e grotteschi. Niente sembra fisso; tutto potrebbe essere un’allucinazione». New York Times «La fabbrica descrive un mondo surreale, ma estremamente simile al nostro. Un romanzo ideale per la nostra epoca». London Magazine