Una narrazione diffusa tende a presentare la Germania – in ambito politico, economico e culturale – come soggetto dominante nell’Europa contemporanea, e, in quanto tale, come portatrice di interessi contrari a quelli dell’Italia.
I rapporti tra nazioni, proprio come quelli tra le persone, possono essere emotivi: conservano traumi, eventi dolorosi e scorie del passato capaci di rendere problematico il presente. È questo il caso del rapporto tra Germania e Italia, che sconta la memoria della seconda guerra mondiale e dell’occupazione tedesca, ma anche una diffidenza preconcetta che affonda le radici nell’Ottocento, ai tempi delle rispettive unità nazionali, quando il mito della forza tedesca suscitava al tempo stesso fascino e timore. Eppure, sotto una superficie di contrasti e tensioni, Italia e Germania rivelano una storia fittamente intrecciata, oltre che una convergenza di fondo nella dimensione democratica, nella proiezione atlantica e nel comune impegno per la costruzione e l’integrazione europea.
A fronte di un sentimento diffuso di sospetto verso la potenza economica tedesca, nel 2019 la Germania è stata il primo fornitore e il primo cliente dell’Italia, e rappresenta oggi il suo primo partner commerciale. Così come a fronte della resistenza di molti italiani verso il rigore, la severità e la freddezza comunemente associati al popolo tedesco, i due paesi coltivano – reciprocamente e da sempre – una profonda ammirazione per il pensiero e l’eredità culturale di cui sono ciascuno portatori.
In tre capitoli dedicati rispettivamente all’economia, alla storia politica e alle percezioni culturali dei due paesi, Flavio Valeri, Federico Niglia e Beda Romano ribaltano la prospettiva comune. La Germania non ci sta «colonizzando», tutt’altro: esiste un processo di osmosi tra mondo italiano e mondo tedesco. Due universi molto più sintonici e convergenti di quanto tante rappresentazioni stereotipate tendano, per pigrizia o pregiudizio ideologico, ad affermare.