“Quella domenica di luglio, Paolo Borsellino si alzò alle cinque del mattino. Approfittò di quel momento di calma per scrivere una lettera di risposta a un liceo di Padova. Per capire chi era Paolo, quale fosse il dolore che provava in quei giorni, la determinazione che lo spingeva a lavorare senza sosta e perché avesse deciso di dedicare alcune ore del suo tempo, così prezioso quell’estate, ai ragazzi di una scuola lontana, dobbiamo fare alcuni passi indietro, e raccontare questa storia dall’inizio. È la storia di un uomo, di un gruppo di amici e colleghi, di una stagione fatta di grandi successi e brucianti sconfitte. È anche una parte della mia storia personale, perché io ho conosciuto e ho lavorato con tutte le persone di cui vado a raccontarvi, ma è soprattutto un pezzo importante della storia del nostro Paese.” Una vita in 57 giorni. Una lettera lasciata a metà. Una testimonianza civile per le nuove generazioni. L’ultima mattina della sua vita Paolo Borsellino scrive agli studenti di una scuola che non aveva mai incontrato per rispondere a nove domande sul suo lavoro e sulla mafia. Dopo quasi trent’anni, Pietro Grasso raccoglie la penna che la bomba di via D’Amelio lo costrinse ad abbandonare, per raccontare a chi quell’estate del ’92 non era ancora nato, la storia di un gruppo di giudici e del loro straordinario coraggio.