Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte.
«Se devo esser sincero, continuo a pensare che forse, se cambierò la maggior parte dei nomi, potrò pubblicare questo come un romanzo», afferma il protagonista P.B. Jones, scrittore in via di affermazione pronto a tutto pur di conquistare la fama, la ricchezza, l’ingresso nel mondo che conta. Per la verità Capote di nomi ne ha cambiati ben pochi: nel libro sfilano in un carosello vertiginoso vizi e debolezze dei protagonisti dell’alta società, da Greta Garbo a Cecil Beaton, dal principe Ruspoli a Sartre, da Andy Warhol a Salinger. E poi artisti e miliardari, politici e parassiti, l’intero jet-set newyorchese dato in pasto al grande pubblico per mano del più geniale scrittore vivente. Con Preghiere esaudite – ha scritto «Vanity Fair» – Capote «aveva inconsapevolmente girato la pistola su sé stesso: svelare i segreti dei ricchi e potenti di Manhattan era a dir poco un suicidio sociale». E infatti l’uscita dei primi brani sulla rivista «Esquire» provocò uno scandalo senza precedenti: una delle protagoniste, riconoscendosi tra le pagine, si tolse la vita, e l’autore venne isolato e abbandonato da quelli che un tempo lo osannavano. Il romanzo che doveva fare di lui il Proust americano causò invece la rovina di un osservatore implacabile, lucido e acuto, pericolosamente attratto dalla verità.