«Anche là dove si sente che il marchese si appoggia a qualche trovata narrativa tradizionale (i letti che si sfasciano sotto il peso dell'innamorato impaziente, la caduta boccaccesca del signor di Fontanis nel brago dei porci, la farsa degli spiriti nel castello infestato e così via), si avverte che l'odio diviene ispirazione creativa e suggerisce una quantità straordinaria di invenzioni metaforiche e verbali, tutte a spese della povera vittima - uno zotico giudice di provincia che pretende di impalmare un fiore di fanciulla innamorata - che viene di volta in volta graffiato, frustato, spennacchiato, smerdato, o a spese della magistratura, della società o della storia di Provenza che anche là dove quasi non c'entrano, si prendono la loro parte di critica». Remo Ceserani