Protagonista di questo libro sconcertante, che si potrebbe definire autobiografia mitologico-blasfema, è l’Aotrou Doue, in bretone «il Signore Dio»: suo nome di battesimo è infatti Emmanuele Dio, la madre è Varia, ma insieme Miriam, la Vergine, e Melusina la maga. Il padre è Maître Joseb, notaio. Ma al tempo stesso in tutti questi personaggi ravvisiamo richiami all’autore, che è insieme un criminale chiuso nella cella dei condannati a morte alla Santé e il patafisico che «ha come prigione soltanto la scatola del suo cranio». Scritto nel 1899, questo romanzo, che procede attraverso «una fraseologia sontuosa, imperturbabile, multisignificante e di una follia così saldamente installata», come scrisse Maurice Saillet, ci colpisce oggi più che mai per l’audacia della sua forma e per il suo significato di «estrema punta solipsistica» (Sergio Solmi).