«Chi non ha mai scritto versi?... Anch’io, ad intervalli regolari, “ad ora incerta”, ho ceduto alla spinta: a quanto pare, è inscritta nel nostro patrimonio genetico». In realtà, il fare poesia non è stato in Primo Levi un’attività marginale o minore; egli stesso ci racconta come, scampato al Lager, gli fosse venuto spontaneo fissare la tragedia di Auschwitz nei versi che poi avrebbero aperto Se questo è un uomo: «Voi che vivete sicuri / Nelle vostre tiepide case...». Nei testi poetici raccolti in questo volume ritroviamo, come ha osservato Giovanni Raboni, «lo stesso acume morale, la stessa forza di memoria, ammonimento e pietà che rendono sostanziosa, così giusta, così naturalmente memorabile la sua prosa... In Levi lo scatto, l’impulso iniziale di ogni singola poesia nasce dalla ragione, dalla lettura morale della realtà, da quella capacità di capire la propria sofferenza e la propria indignazione come patrimonio comune a tutti gli uomini, che formano la peculiarità e l’insostituibilità della sua prosa».