Torunn Breiseth. Così Torunn si è sempre chiamata prima di scoprire di essere una Neshov. Precisamente, la figlia di Tor Neshov. Suo padre la concepì in un giorno di libera uscita a Tromsø, nel nord della Norvegia, dove faceva il servizio militare. Quando Cissi, la ragazza con cui si intrattenne, si recò fin giù a casa dei Neshov, portando in grembo la piccola Torunn, la donna che avrebbe dovuto essere sua suocera la mise alla porta e le disse di tornarsene a casa. Ora quella donna, la matriarca dei Neshov che a ottant’anni era ancora vispa come un grillo, è passata a miglior vita, e Torunn si è ritrovata nella fattoria di Tor, al cospetto di un padre che, in trentasette anni, non ha mai frequentato e di zii, Erlend e Margido, di cui conosceva a malapena l’esistenza. Catapultata all’improvviso in una storia di cui non ha mai fatto parte, Torunn cerca di familiarizzare con i fratelli Neshov. Le mani affondate nelle tasche di un paio di calzoni di lana a scacchi, il cardigan di lana che balla addosso al corpo magro, Tor, suo padre, le appare come un uomo felice soltanto nella sua porcilaia. Quando parla delle varie stranezze dei maiali, delle marachelle che combinano i porcellini, di figliate numerose e di tabelle di crescita, la sua voce diventa melodiosa e viva, e quando contempla la sua scrofa di due quintali e mezzo, i suoi occhi si fanno luminosi e spensierati. Erlend, il fratello minore che ha soltanto tre anni più di Torunn, il figlio fuggiasco che anni prima ha lasciato il podere in un impeto di caparbia autoaffermazione, sembra colui che se l’è cavata meglio. È felice, ama ed è amato dal compagno, Krumme, che in Danimarca passa per essere un ricco sfondato. Certo, quando pochi giorni prima della vigilia di Natale è arrivato, seguito a breve dal danese, è stato accolto in maniera tutt’altro che cortese. La prima reazione di Tor è stata quella di andare a letto in preda all’indignazione e al disgusto, dopo aver intravisto la mano di Erlend posata sulla coscia di Krumme sotto il tavolo della cucina. Margido, il fratello di mezzo, il titolare di una fiorente impresa funebre, è colui che è forse più difficile chiamare zio, così distante, così inavvicinabile come appare. Avere a che fare con gente colpita dal lutto e allo stesso tempo dover organizzare funerali impeccabili di persone appena scomparse probabilmente ha contribuito alla sua abitudine di tenere a freno le emozioni e serbare i propri pensieri per sé. C’è poi la fattoria, a picco sul fiordo, con le pareti tinteggiate di verde chiaro anni addietro e le finestre ricoperte di fiori di gelo, che disegnano cerchi e delicati motivi di un bianco abbacinante contro i mattini invernali visibili all’esterno. Secondo romanzo di Anne B. Ragde pubblicato in Italia dopo il fortunato La casa delle bugie, I fratelli Neshov è un’opera potente sul richiamo del sangue, un libro in cui la ricerca orgogliosa del proprio posto nel mondo si misura, in un serrato corpo a corpo, con la forza delle radici.