Austria, 1943. Circolano voci inquietanti sul Kommando 50: si dice che nel campo satellite del grande lager di Mauthausen il Reich sperimenti armi segrete con cui annientare i bolscevichi. Nascosto tra le montagne, isolato durante le tormente di neve, quel posto è un mistero anche per il maggiore Lauser. Ma un ordine dei superiori – quindi indiscutibile – l’ha incaricato di assumerne il comando, facendosi saltare alle spalle il ponte che lo collega alla civiltà. L’unico. Durante il viaggio di avvicinamento del convoglio guidato da Lauser, poi, c’è un passeggero speciale che non ha mai abbandonato la sua auto blindata... Qualcosa non torna. La realtà supera però ogni cattivo presentimento del maggiore, perché il Kommando 50 lo accoglie come l’anticamera dell’inferno. Sabotate le linee elettriche, un killer sta uccidendo con ferocia maniacale le guardie naziste, lasciando accanto ai cadaveri strani simboli disegnati col loro sangue. Non si tratta dell’opera di un folle, perché l’ombra che si aggira indisturbata tra le baracche si sta servendo del linguaggio della Torah per comunicare il suo messaggio oscuro, che sembra voler ribaltare le leggi della violenza. E per decifrarlo, un carnefice e una vittima dovranno indagare insieme, riannodando i fili di un passato pieno di cicatrici. Perché la strada verso l’assassino si rivela ben presto un labirinto di trappole mortali. Con L’angelo di Mauthausen Roberto Genovesi ha scritto un thriller che ha il ritmo implacabile delle grandi serie tv, e ci fa scoprire che è sempre possibile, anche solo per un istante, invertire il corso della Storia.