La più famosa delle commedie di Natalia Ginzburg è da tempo diventata un classico. La sua felicità linguistica e la sua energia teatrale hanno una forza di contagio che si ripete a ogni nuova messa in scena, anche a distanza di ormai quarantacinque anni. Il dialogo è tanto vivace quanto più tra le battute c'è come una distanza, una microfrattura. Perché, come scrive Ferdinando Taviani nella prefazione scritta per questa nuova edizione: «Il dialogo scenico di Natalia Ginzburg assume la maschera della conversazione, ma è semmai il suo contrario, naviga fra ciò che diversifica, non fra ciò che si compartisce conversando, salta per dislivelli e microscopici dribbling d'attenzione, come l'acqua quando non riesce a star ferma, scende, mormora, e per ciò è viva».
È il piacere della differenza, dell'essere differenti, del parlare ognuno con il proprio ritmo, che procura allegria. Contro la noia dell'essere uguali. Negli anni Sessanta e oggi.