Mirador non è una semplice biografia di Iréne Némirovski. È la stessa scrittrice che, attraverso la voce della figlia Élisabeth Gille, ci racconta in prima persona di sé e della propria vita. Se nella prima parte viene rievocata la Russia lacerata e suggestiva dell'infanzia e dell'adolescenza, dopo la fuga seguita alla Rivoluzione d'Ottobre sono la Francia e Parigi lo scenario in cui Irène spicca il volo e diventa famosa. La provincia francese è infine il teatro dove si svolge l'ultimo atto della sua esistenza, che è anche l'ultimo atto di una borghesia colta ma ingenua che non ha saputo cogliere i segni premonitori della tragedia che si sta abbattendo sull'Europa e troppo tardi si accorge della furia che travolgerà milioni di persone, come la stessa Irène, deportata ad Auschwitz nel 1942 dove morirà di tifo in un solo mese. Profondo e intenso come tutti i romanzi della Némirovski, Mirador è uno sguardo intimo e privilegiato sui suoi legami con il padre e la madre, il marito e le figlie, la fatica della continua fuga fino alla drammatica fine. Numerosi sono i nodi affrontati - la fama e le sue illusioni, il giudaismo e la Shoah -, ma a dominare la narrazione è il tema fondamentale della vita familiare e della maternità, mentre il rapporto tormentato, seppur breve, tra Élisabeth e la madre Irène è il filo rosso che lega ogni vicenda di questo racconto appassionato che getta una nuova luce sulla vita e sull'opera della grande scrittrice.