Nel Regno della mafia, pubblicato nel 1900, tuttora ci appare come un'analisi sociologica, politica ed economica della Sicilia di grandissima efficacia e attualità. Lo spunto è dato dall'uccisione a Palermo dell'ex sindaco Emanuele Notarbartolo, reo di aver denunciato gli intrecci affaristico-mafiosi ruotanti intorno al Banco di Sicilia. L'episodio viene coperto da una spessa coltre di omertà. Colajanni cerca di rintracciare le origini storiche e culturali del fenomeno mafioso. L'arretratezza economica (si pensi al latifondismo) e intellettuale, a suo parere, non bastano da sole a spiegare la complessità e la persistenza del cosiddetto “spirito di mafia”. Gravi sono anche le responsabilità dello Stato (prima borbonico e poi unitario) e degli uomini d'affari settentrionali, che invece di far diminuire il livello di corruzione lo hanno accentuato. Occorre, dunque, per Colajanni porre fine a questo sistema di gestione della vita e della cosa pubblica e garantire finalmente moralità e giustizia sociale.
Napoleone Colajanni nasce a Castrogiovanni (dal 1926 Enna) nel 1847. Grande ammiratore, fin da giovanissimo, di Garibaldi tenta invano di partecipare all'impresa dei Mille. Dopo la laurea in Medicina alla carriera accademica affianca quella politica. Nel 1890 è eletto deputato; nel 1892 denuncia lo scandalo della Banca romana; successivamente anima la rivolta dei Fascia dei lavoratori siciliani. Nel 1895 è uno dei padri fondatori del Partito repubblicano italiano. Tra le sue opere ricordiamo: La libertà e la questione sociale (1879) e Banche e Parlamento (1893). Muore a Castrogiovanni il 2 settembre 1921.