Sono rari gli atleti capaci di innescare trasformazioni così profonde da mutare il paradigma del loro sport. Ed è questa capacità, ben più dei trionfi e dei record inanellati, a renderli immortali. Earvin Johnson appartiene di diritto a questa categoria: prima di lui non si era mai visto un playmaker con le caratteristiche fisiche di un’ala grande, capace di trattare la palla come un oggetto prezioso, di confezionare assist difficili anche solo da immaginare e, allo stesso tempo, di catturare rimbalzi nella bolgia del pitturato e segnare da ogni angolo del parquet. Un lungo di due metri e sei centimetri artefice di un basket scintillante e imprevedibile, «magico» come il soprannome che gli è stato affibbiato a quindici anni, e non solo per quello che sapeva fare in campo. Magic è stato tale anche per aver svolto, da adolescente, il ruolo di mediatore tra studenti bianchi e neri nella sua scuola; per aver contribuito a portare avanti negli anni Ottanta, come leader dei Lakers, il processo di desegregazione razziale negli Stati Uniti; e per essere diventato, a fine carriera, un simbolo della lotta contro l’Aids. Di una vita così straripante, impreziosita da cinque titoli Nba e un oro olimpico, segnata dalla rivalità con Larry Bird e Michael Jordan, Roland Lazenby ci restituisce finalmente la storia completa. Una storia in grado di raccontare tutte le contraddizioni di una superstar che non si è mai accontentata – ha detto una volta un suo compagno di squadra – «di brillare di luce propria», come una stella qualsiasi, ma che ha illuminato chiunque l’abbia circondata.