Seguito ideale di La balena alla fine del mondo – racconto di come la piccola comunità di St Piran, in Cornovaglia, riusciva a far fronte all’emergenza pandemica grazie a un lavoro di squadra, mentre il mondo individualista della City di Londra veniva devastato – L’orso polare e una scommessa chiamata futuro ci riporta una ventina di anni dopo nello stesso villaggio, dove la generazione successiva si sfida sul tema del riscaldamento globale. In particolare lo scontro riguarda il giovanissimo Tom Horsmith, attivista ecologista che lavora a Londra ma appena può rientra nella sua amatissima Cornovaglia, e il politico Montague Causley, troppo impegnato nella sua carriera londinese per tornare nella natia St Piran, dove possiede la più bella casa della costa, se non un paio di volte all’anno.
Una sera, nel pub del paese, entra Causley; al tavolo è seduto Horsmith, che lo accusa di aver mentito ai suoi elettori, negando in Parlamento l’emergenza del riscaldamento climatico. Ne nasce un diverbio, che viene ripreso dal cellulare di un avventore. Messo online, il video diventa virale: il giovane ecologista distrugge con i suoi argomenti l’altezzoso Causley, determinandone di fatto il tracollo politico momentaneo. Nel corso della discussione i due si lanciano una sfida: se tra cinquant’anni la casa del politico di fronte al porto sarà sommersa dall’innalzamento dei livelli del mare paventato dal giovane ecologista, Causley ammetterà la sua sconfitta; se invece tutto resterà com’è ora, sarà Horsmith a dover riconoscere di essersi sbagliato. Una scommessa, dunque, che avrà la più imprevista delle conclusioni.
Con questa appassionante metafora delle due visioni contrapposte sul riscaldamento globale, Ironmonger ci regala due personaggi indimenticabili – il giovane attivista con le sue ingenuità e il politico opportunista, entrambi con i loro chiaroscuri – e un avvincente feel good dal tema ecologista cui affida un messaggio molto forte e urgente.