Infelicità senza desideri by Peter Handke

Infelicità senza desideri

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Description

«In questo splendido testo Handke ha veramente realizzato l’impossibile.»
La Stampa - Giorgio Manacorda

«Il romanzo di un rapporto istintuale e fisico elementare come quello con la madre.»
Corriere della Sera - Claudio Magris

«È una mente aperta e libera quella che si esprime nell'opera di Handke, come può essere quella di un poeta in un mondo disertato dalla poesia.»
Emanuele Trevi

«Pochi come lui hanno saputo registrare e testimoniare con la scrittura la difficoltà di stare nel mondo.»
Goffredo Fofi

«Scrivo la storia di mia madre, in primo luogo perché credo di sapere su di lei e su come maturò la sua morte più di qualunque intervistatore estraneo […] e perché, esattamente come qualsiasi intervistatore esterno, anche se in altra maniera, vorrei fare, di questa morte volontaria, un caso.»
È il 21 novembre 1971, Handke ha ventinove anni quando apprende dalla Volkszeitung, un quotidiano locale, alla rubrica ­Varie, la notizia della morte della madre. Da quel momento il bisogno di scrivere di lei si fa violento, e al contempo vago: lo scrittore sente che gli sarà necessario uno sforzo enorme, su se stesso e sulla macchina da scrivere, per raccontare con massima precisione quello che ha intenzione di raccontare – qualcosa di vicinissimo a un’autobiografia. Sua madre è una donna invisibile. Una donna che, per dare un padre al figlio che aspetta da un uomo sposato, lascia la Carinzia slovena in cui è cresciuta per seguire a Berlino un sottoufficiale della Wehrmacht. Finita la guerra, torna in quella provincia intrisa di cattolicesimo barocco e mesto, dove dominano le apparenze e i pensieri avari, i desideri sono visti di cattivo occhio e la felicità è sconveniente. L’unica cosa che sua madre desidera è ricominciare a studiare. Si appassiona a Hamsun, a Dostoevskij, a Faulkner: ma la letteratura non le insegna a pensare finalmente a se stessa, le spiega soltanto che ormai è troppo tardi. A cinquantun anni si toglie la vita ingoiando una manciata di pillole. Suo figlio, lo scrittore tenuto d’occhio dalla critica per il talento eversivo e sperimentatore, eredita allora quella questione aperta: lo scontro con la vita e la letteratura, l’urgenza di scrivere (di sua madre) «in modo più preciso», senza psicologismi, forzando la biologia fino alla radice di uno sradicamento esistenziale e letterario. Ne nasce un libro straordinario, il suo capolavoro.

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