Silvie ha diciassette anni e sta passando le vacanze nell'Età del Ferro. Suo padre è appassionato di storia e per due settimane ha deciso di trascinare moglie e figlia in una zona remota del Northumberland per partecipare a un seminario estivo del professor Slade: insieme ad alcuni studenti vivranno come gli Antichi Britanni, di caccia e raccolta, senza contatti con altre persone o con qualsiasi forma di modernità, imparando a intrecciare cesti, ricreando la vita di una comunità del tempo. La vita in tutta la sua purezza, a contatto con la natura, come la natura spietata.
Silvie sa fin troppo bene che la violenza è ovunque, persino tra le persone che dovrebbero amarla e proteggerla. L'esperimento funziona, e induce gli uomini del gruppo, ormai presi dalla finzione che hanno innescato loro stessi, ad accanirsi sulla preda più indifesa. Proprio come nella preistoria.
Sarah Moss dimostra ancora una volta come l'immaginazione sia una potente chiave di lettura del presente: parlando del passato ci mostra chi siamo oggi, forse chi siamo sempre stati, in perenne, precario equilibrio tra spirito di sopravvivenza e desiderio di sopraffazione.