«Esisterà sempre qualcuno che si allenerà più di te: quel qualcuno sono io». È stato uno dei giocatori più dominanti della storia del basket, difficile pensare a un atleta più determinato, e più vulcanico. Il più amato. Il più odiato. Il più pagato (leggendario il suo contratto da 126 milioni di dollari, che fu il più ricco al mondo di tutti gli sport di squadra). Una cosa è certa, nessun aspetto in Kevin Garnett potrà mai risultare indifferente: ha combattuto in ogni modo possibile, ha esagerato spessissimo, ha saputo spingersi oltre i propri limiti. Il tutto condito da una straordinaria propensione all’accettare qualsiasi tipo di sfida contro chiunque, e di soccombere molto di rado. Lo si potrà ricordare per le statistiche, i molti record, oppure per il trash talking, il suo marchio di fabbrica, la continua parlantina per innervosire, insultare e sfiancare gli avversari, o ancora per i soffi nelle orecchie a Kevin West, per l’eterna rivalità con Tim Duncan (per dirla con Federico Buffa: «Kevin odia tutti; Tim ne odia uno solo: Garnett»), per il tentato morso a Joakim Noah… Ma sarebbe riduttivo anche per uno che ne ha combinata una più del diavolo. Del resto, «in nba non sopravvivi se ti comporti come un bravo ragazzo. Per sopravvivere così tanto tempo in NBA devi essere uno stronzo». E se lo dice uno che è sopravvissuto praticamente più di tutti – addirittura 21 stagioni – bisogna credergli per forza. Se Kevin Garnett ha giocato a basket con un’intensità e un’eccentricità senza rivali, anche la sua autobiografia trabocca di queste qualità. Parla di tutto Kevin, con lo stesso crudo candore. Della sua vita. Della sua carriera travolgente che lo ha portato a essere il primo giocatore in due decenni a entrare nel draft direttamente dal liceo, e quindi una stella di primissima grandezza dell’NBA, sino al titolo, ai premi come migliore giocatore, a entrare nella Hall of Fame. Sa raccontare Kobe Bryant come pochi altri, con una tenerezza che spacca il cuore, e LeBron James, e Michael Jordan. Ma anche parlare senza censure di razzismo, di spiritualità, di musica. E di molto altro.