I sonetti in dialetto del Belli rappresentano con felice sintesi la mentalità dei popolani della Città Eterna, lo spirito salace, disincantato, a tratti furbesco e sempre autocentrico della plebe, come egli stesso la individua, rendendo con vivezza una costante traduzione in termini ricercatamente incolti di tutte le principali tematiche della quotidianità del tempo.
L'aspetto teocratico della Roma dei papi, della Roma del "Papa Re", che incrocia le vicissitudini del popolano nelle ritualità religiose e nelle liturgie giuridiche, nell'immanenza politica come nella sacralizzazione del pratico, è sempre, in ogni verso svolto nell'ottica del vulgus, che sue proprie conclusioni trae secondo quanto di sua percezione. In questo senso è stato discusso se l'opera belliana, come inizialmente accadde, possa ancora tout-court ascriversi al verismo, che intanto dava migliori prove nella prosa, o se invece non sia il caso di riconsiderarla fra le categorie che, avvicinandosi al picaresco per tematiche e contestualizzazioni, trovano un certo fattor comune nella forma della poesia dialettale italiana.
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