Andrìa ha quasi trent’anni, vive ai piedi dell’Aspromonte e trascorre pigramente le sue giornate tra il lavoro al call center e le gite al mare con la fidanzata Caterina. Non ha ancora trovato la propria strada, ma sa di non voler fare il pastore come il nonno, di cui porta il nome. Nonno Andrìa, custode di un mondo antico e di una lingua – il grecanico – che stanno per sparire ingoiati dalla modernità, ne vorrebbe fare il proprio erede, ma il giovane Andrìa ha paura dell’Aspromonte, della solitudine angosciante che si annida tra i boschi e le alture. E soprattutto non riesce a sentirsene parte, così come non riesce a capire l’ostinazione del vecchio a combattere con ogni mezzo le speculazioni che fanno scempio di quel territorio. Trattenuto nella Locride soprattutto dall’amore per Caterina, la sua vita cambia il giorno in cui salva dall’abbraccio mortale dello Ionio un giovane migrante dopo il naufragio di un barcone: Yidir arriva dalla Libia, e anche lui sta cercando un futuro possibile. Quando il nonno prende clandestinamente Yidir con sé come aiutante, qualcosa dentro Andrìa scatta: pian piano si riavvicina a quel mondo che prima lo spaventava tanto, scoprendo la bellezza selvaggia dell’Aspromonte, la Montagna Lucente. In quel luogo dove la magia è ancora possibile – ma si rivela a pochi – Andrìa accetterà finalmente il destino che è chiamato a compiere. Romanzo di legami familiari ed eredità culturali, Il custode delle parole aggiunge una tessera fondamentale al racconto della Calabria più autentica e ci richiama alla responsabilità di prenderci cura di ciò a cui sentiamo di appartenere: un amore, una montagna, una storia.