Così come in «Altre menti», Peter Godfrey-Smith – «palombaro immerso nella scienza della vita» (Carl Safina) – ci invita a seguirlo negli oceani: ed estende questa volta lo sguardo al sottoregno dei metazoi, gli organismi pluricellulari il cui percorso evolutivo, cominciato oltre mezzo miliardo di anni fa, ha incanalato per svolte morfologiche ed emotivo-cognitive l’intera storia della vita animale fino ai primati e a «Homo sapiens». I protagonisti sono quindi, di nuovo, organismi delle profondità marine, a partire dalle stupefacenti «spugne di vetro», diafane torri cilindriche prive di sistema nervoso ma elettricamente non inerti, teatro di esemplari mutualismi e vitale fonte di luce per altri organismi. Risalito alla superficie (attraverso l’evocazione delle cubomeduse, con i loro archeo-corredi oculari, o dei «coralli molli», brulicanti aggregati tentacolari simili a «foreste di minuscole mani»), Godfrey-Smith schiude poi con il suo racconto scenari a noi sempre più prossimi, come le decisive transizioni cinetiche (il passaggio dal «nuotare» allo «strisciare» in certi vermi), biologiche (l’endotermia, sviluppata in modo autonomo dai mammiferi e dagli uccelli) e sociali (l’«intelligenza» degli insetti). Emerge così come il percorso filogenetico (l’intreccio, più che la progressione, di «pinne-arti-ali») sia caratterizzato da un rapporto di continuità/discontinuità nel succedersi delle varie forme di percezione del sé e del mondo elaborate in tante specie diverse – forme che finiscono con lo sfumare, fino quasi a dissolverlo, il gap tra materia e mente, e a rendere via via più esteso, stratificato ed elusivo il processo dell’«esperienza cosciente».