La posta in gioco: comprendere la crisi ecologica per combatterla. La scommessa interpretativa: focalizzare l'analisi sul rapporto tra forme storiche del lavoro, dell'ambiente naturale e della valorizzazione capitalistica. È fuor di dubbio, infatti, che la quotidianità ecocida cui non riusciamo a sottrarci – sesta estinzione di massa, riscaldamento globale, inquinamento-killer – affondi le radici nell'espansionismo violento del capitale. Lo sviluppo storico del nesso lavoro-natura-valore, tuttavia, complica il quadro e ci costringe ad affrontare una domanda tutt'altro che banale rispetto alla critica ecologica esplosa tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta del Novecento. Come è stato possibile che il limite ecologico si sia trasformato da vincolo allo sviluppo in profittevole opportunità di business, da puro costo per le imprese a fondamento della green economy, cioè di una nuova strategia di accumulazione capitalistica?Figura centrale per esplorare questa domanda – ma anche e forse soprattutto i movimenti sociali che prima l'hanno posta e oggi lottano per trovare risposte giuste e sostenibili – è André Gorz, padre dell'ecologia politica, militante comunista e critico spietato del capitalismo cognitivo. È attraverso un'originale rilettura dell'opera di Gorz, infatti, che può andare in scena l'incontro – per nulla scontato – tra il pensiero della decrescita e il marxismo. Su tale presupposto Emanuele Leonardi propone un orizzonte programmatico per i conflitti socio-ecologici che proliferano su scala globale, finalizzato alla riduzione della pressione sulla biosfera (diminuzione del lavoro entropico, 'snellimento' del metabolismo sociale) e alla diffusione sempre più ampia delle attività di cura e produzione di conoscenza e società (moltiplicazione del lavoro neghentropico).