Il 14 maggio 1948 la nave Euryalus lascia il porto di Haifa. A bordo c’è l’ultimo Alto Commissario britannico per la Palestina. È la fine del dominio coloniale inglese in Medio Oriente. Da questo momento la tensione tra ebrei e arabi diventa incontenibile, abbandonando le forme più clandestine della guerra civile e trasformandosi in vero e proprio conflitto armato. Sul fronte ebraico, a svolgere un ruolo fondamentale in questa nuova fase furono le operazioni dell’ Alba , meglio nota come «Sezione araba», un’unità formata da giovani ebrei provenienti dal mondo arabo e cresciuti a stretto contatto con la cultura islamica. I membri della Sezione «si distinguevano dagli ebrei europei per la tonalità sbagliata della pelle e per l’accento», e potevano così facilmente infiltrarsi nei paesi nemici e svolgere attività di spionaggio, raccolta di informazioni e sabotaggio. Erano i Mistaʻarvim , «quelli che diventano come arabi». Erano i primi agenti segreti di Israele, le radici dimenticate del Mossad.
Tra azioni spericolate e vicende profondamente umane, nei vicoli di Haifa o sui tetti di Beirut, Matti Friedman segue quattro di queste giovani spie dal gennaio 1948 all’estate 1949. Venti mesi cruciali per la nascita e la futura identità dello Stato ebraico. Attraverso le esperienze di Yitzhak, Yakuba, Havakuk e Gamliel, Spie di nessun paese rende omaggio a quattro vite straordinarie e ci fornisce un punto di osservazione privilegiato per comprendere la complessità della società israeliana contemporanea e l’evoluzione dei suoi famosi servizi d’intelligence.
«Spie di nessun paese si legge come un thriller, è commovente e, come tutto quello che scrive Matti Friedman, profondamente umano».
(NICOLE KRAUSS)
«Coinvolgente e illuminante … Friedman fa luce su un gruppo di agenti di origine araba che la storia ufficiale della fondazione d’Israele – voluta e guidata dagli europei del movimento sionista – ha spesso trascurato … Quando ho finito il libro, non riuscivo a smettere di pensare a quegli uomini dentro al chiosco di Beirut che vendevano caramelle e matite agli scolari mentre ascoltavano segretamente una radio a transistor nascosta nel retro».
(THE WASHINGTON POST)
«Meraviglioso … Avvincente … Friedman racconta una di quelle “storie dietro alle storie” che ci svelano le origini del Mossad e che sono come finestre sull’anima travagliata di Israele».
(NEW YORK TIMES BOOK REVIEW)
«Le vicende raccontate da Friedman non sono sempre edificanti e spesso hanno rappresentato un tabù per molti scrittori. La storia degli ebrei orientali, compreso il ruolo fondamentale che hanno svolto nella creazione dello Stato d’Israele, non dovrebbe essere minimizzata o filtrata dalle considerazioni superficiali degli studiosi occidentali. Per fortuna, il libro rivoluzionario di Friedman ci fornisce un esempio fondamentale di come evitare questi pregiudizi».
(JERUSALEM POST)
«Una storia importante che riesce a emozionare, raccontata con immediatezza e maestria».
(BENNY MORRIS)