I testi di un libro che si intitola Sintassi italiana non possono che disporsi, ad apertura di pagina, sulla linea orizzontale della narrazione. Ma non tutto è narrativo in questa poesia ardua, corrugata, che certamente sceglie la strada dell’antilirica e dell’antipetrarchismo. (…) La voce che racconta è polifonica, aperta a più registri, e nella narrazione, nella discorsività, si aprono subito spazi di soggettivismo onirico, di gioco surreale. (…) Edoardo Albinati investe il suo materiale poetico, per lo più metropolitano, romano, ma con una forte incursione in una Milano sezionata per frammenti, con una sua particolarissima cifra cruda e aritmica. Il lettore non saprà in quale linea, in quale tradizione della poesia contemporanea inserire questo libro così denso: si lascerà immergere nel suo magma «sintattico», dove troverà accostate epigrafi da Dante e epigrafi da Cole Porter, il Pinguino De Longhi e il Nabucco, Dolce e Gabbana e il Prozac. E dove inni, elegie, cori stemperano la loro letterarietà con l’assunzione di argomenti dal basso. (...) Ci sono poi testi più brevi, con un taglio più deciso, più ritmato, e lì il lettore vedrà riaffiorare il lirismo tenuto a bada in tutto il libro.
Giuseppe Conte