“La distruzione di Giorgio Scerbanenco ebbe inizio il 19 novembre 1929. Giorgio Scerbanenco, costruito nel 1911 un modello longilineo – linfatico, a intelligenza pronta, non era ancora finito in tutti i particolari, che l’opera di distruzione s’iniziò con solerte ardore. […] Un giorno, la signora Della Falce, passando, per la casa dove abitava Giorgio Scerbanenco, ne vide lo scheletro coperto di stoffa e lo tagliò via. Era il 6 dicembre 1969. La distruzione di Giorgio Scerbanenco era stata condotta a termine.” Così scrisse Giorgio Scerbanenco su un pezzo di carta tra il 1937 e il 1938. Morirà il 27 ottobre 1969. Si era sbagliato solo di un mese. Comincia a Milano in un grande armadio a muro, nell’appartamento in via Plinio 6, il pellegrinaggio di Alberto Scerbanenko nei faldoni della corrispondenza, nelle pile di dattiloscritti e nei mucchi di copie di romanzi pubblicati e qualche volta inediti del padre. Una ricerca labirintica delle ragioni delle parole con cui Giorgio Scerbanenco profetizzò la propria morte. Quello di suo figlio è un viaggio struggente e avventuroso attraverso la memoria, la storia e le trame uniche inventate da un padre di cui scopriamo non una, ma cinque vite. Vite ambientate a Kiev, a Roma, a Milano e poi in esilio in Svizzera dal 1943 sino alla fine della guerra. Giorgio Scerbanenco ha fatto molti mestieri, è entrato nel mondo dell’editoria, ha collaborato con importanti quotidiani e ha diretto i periodici femminili “Bella” e “Novella”. I suoi romanzi l’hanno rivelato come l’inventore del noir italiano con storie dure e travolgenti che hanno ispirato il miglior cinema, da "Milano calibro 9" a "I ragazzi del massacro".