Per tutta la vita Roz Chast ha visto i suoi genitori coltivare un’insana illusione: i due erano convinti che se non avessero mai parlato di morte, il loro momento non sarebbe mai arrivato. Il gioco ha retto per un bel po’, ma quando i signori Chast hanno superato i novanta, il trucco ha smesso di funzionare. Una banale caduta dallo sgabello e Elizabeth, una madre dispotica come quelle sbeffeggiate (e temute) da Philip Roth nei suoi romanzi, comincia la sua lunga e inesorabile spirale. Il primo a essere risucchiato in quel vortice è George, il suo remissivo e devoto marito, un uomo dolce, svagato e del tutto dipendente da quella che lui definisce – senza alcuna ironia – la sua “anima gemella”. Lontano dalla moglie, George appassisce in fretta, mentre sua figlia documenta il crollo fisico e psicologico che lo trasforma in un bambinone ingestibile. Questo libro, nel quale Roz Chast ha registrato con grande umanità gli anni che hanno preceduto la perdita dei suoi genitori, fa emergere tutte le difficoltà, le paure e le sensazioni di inadeguatezza che i figli sono costretti ad affrontare quando le circostanze li chiamano a rendere un antico favore: prendersi cura delle persone che si sono prese cura di loro. Alternando momenti di alta comicità a riflessioni di spiazzante tenerezza, Roz Chast ha creato un resoconto struggente e appassionato dell’ultima stagione di George e Elizabeth, raccontando con rinfrancante ironia la sua esperienza di “sopravvissuta”.