Maggio 1968, il sole brucia sul circuito di Monte Carlo, dove sta per iniziare l’atteso Grand Prix. Il principe di Monaco, il jet set e la stampa mondiale aspettano l’arrivo di Deedee, la divina stella del cinema francese, sogno proibito di ogni uomo e anche di un giovane e timido meccanico della Lotus: Jack Preston. Ma proprio quando l’attrice fa la sua entrata in pista, un’auto esplode e Jack, travolto dalle fiamme, le fa scudo con il corpo. Lei ne esce illesa, lui gravemente ustionato. Rispedito nel suo piccolo villaggio inglese, stroncata la carriera cui aveva dedicato la vita, Jack attende fiducioso che la donna più desiderata della terra riconosca il suo atto eroico, gli renda l’onore che si merita e gli dichiari il proprio amore, chiamandolo a sé nell’olimpo delle star. Eppure i giorni passano e le cicatrici restano senza che Deedee lo degni di un cenno, mentre la speranza sprofonda sempre più in una cieca ossessione. Con una scrittura essenziale e di una precisione chirurgica, che procede per incalzanti quadri di poesia e humour nero, Peter Terrin si cala negli anni della dolce vita per comporre una parabola densa di suggestioni etiche, sociali, esistenziali. Goffo incompreso, folle fanatico, o giovane incapace di capire che al mondo non importa di lui, Jack Preston non si rassegna all’indifferenza. Vittima dello scarto incolmabile tra noi e gli altri, o di quell’ansia di celebrità che proprio nel ’68 teorizzò Andy Warhol, si rifiuta di cedere alla delusione. Come un uomo di fede che continua a cercare un segno da un imperscrutabile empireo, un antieroe in lotta con l’assurdità della vita, o un moderno Don Chisciotte in un’epoca che offre tanti sogni quanti amari risvegli.