I Bronzi scoperti nel 1972 al largo delle coste della Calabria rappresentano un esempio nobile e sublime di quel «saccheggio del passato» che si svolge sotto i nostri occhi e di cui siamo non solo spettatori, ma sempre più spesso anche attori e inconsapevoli protagonisti. Dopo i fumetti, le pubblicità e gli spot turistici, il successo mediatico dei Bronzi richiede di essere guardato da una nuova prospettiva. I saggi raccolti in questo volume mescolano l’ironia e le amare riflessioni su un caso di studio esemplare, proponendo qualche suggerimento sulla strada da seguire per valorizzare le due celebri statue, rarissimi originali greci in bronzo del V secolo a.C., vanto del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria. Il primo cattivo uso dei Bronzi di Riace è stato fatto dagli archeologi, che si sono mostrati riluttanti a dialogare con un pubblico desideroso di condividere le conoscenze che sono proprie degli specialisti della grande arte antica. Altrettanto grave appare poi il fallimento delle istituzioni nazionali e locali, che a lungo sono state incapaci di scelte coraggiose e si sono dimostrate invece pronte a sfruttare la «fama» dei Bronzi per scopi spesso discutibili. In questo volume, Maurizio Paoletti e Salvatore Settis affrontano, insieme ad autorevoli personalità delle istituzioni museali, del mondo della cultura, della storia dell’arte e dell’archeologia, la questione nei suoi aspetti più rilevanti: dall’identità vera o presunta dei Bronzi, alla gestione delicatissima delle statue nel Museo di Reggio, fino alla loro trasformazione in vere e proprie «icone pop». Dal libro riemerge con forza la fondamentale centralità delle istituzioni e la convinzione che il buono e cattivo uso dei Bronzi è, prima di tutto, una questione culturale.