Il 6 maggio del 2013 Amanda Berry riuscì a fuggire da una anonima casa di Cleveland, attirare l'attenzione di un vicino di casa e con il suo aiuto chiamare il 911: "Aiutatemi, mi chiamo Amanda Berry e sono stata rapita dieci anni fa".
Il giorno dopo, su tutti i giornali del mondo, emersero i contorni della mostruosa vicenda che ha scioccato per dimensioni, crudeltà e durata. Ariel Castro, un oscuro e solitario conduttore di autobus, aveva sequestrato Amanda e altre due ragazze, tra il 2002 e il 2004, quando avevano rispettivamente 14, 16 e 20 anni. Poi le aveva segregate dentro casa, impedendone la fuga e isolandole dal mondo.
Nella casa-prigione gli investigatori dell'FBI hanno trovato porte antifuga, corde e catene. Dai racconti sono emersi abusi fisici e psicologici. Pare che almeno cinque bambini siano stati dati alla luce in quella orribile bolgia e che nessuno sia sopravvissuto. Dieci anni di totale inferno.
Dopo un regolare processo di grande rilevanza mediatica, Castro è stato condannato a 1.000 anni di detenzione in quanto colpevole di oltre 900 capi di imputazione. Dopo appena un mese di galera, è stato trovato impiccato nella sua cella.
Questo libro, che è balzato al primo posto delle classifiche americane, è lo sconvolgente diario delle due ragazze sopravvissute: come sono state catturate, come hanno vissuto tutto quel tempo, come sono riuscite a sopravvivere e, infine, a liberarsi. Un racconto angosciante, scritto assieme a due premi Pulitzer, ma anche un testo che vuole far passare un messaggio positivo. Le due autrici vittime scrivono continuamente che anche nella notte più buia non hanno mai perso la speranza. Guardavano in tv le trasmissioni che si occupavano della loro scomparsa, assistevano alle veglie di preghiera dei vari comitati, e continuavano a dirsi reciprocamente: "hope, non perdere mai la speranza", nonostante tutto. "Adesso vogliamo che il mondo sappia: siamo sopravvissute, siamo libere, amiamo la vita. Siamo state più forti di Ariel Castro."