All’inizio del secolo scorso a Worpswede, nel nord della Germania, si erge una dimora che, con le pareti bianche e le finestre chiare, spicca fra le tante fattorie tozze e cupe della regione. È circondata di rose e, soprattutto, di betulle e si chiama perciò Barkenhoff, la casa delle betulle. Dal tetto fino alle cantine, non c’è stanza né oggetto dell’edificio che non sia stato elaborato o modellato dal suo creatore: Heinrich Vogeler, il «principe azzurro di Worpswede», il re dello Jugendstil, lo stile nuovo che ha elevato ad arte l’ornamento; un giovane uomo che si aggira nelle campagne intorno alla casa in completo da bohémien Biedermeier, con tanto di colletto rialzato e fazzoletto da collo, cilindro e bastone da passeggio. Vera e propria opera d’arte totale, Barkenhoff ha attratto presso di sé i maggiori artisti e letterati dell’epoca. Tra tutti, il poeta unito da un intenso sodalizio spirituale con Vogeler: Rainer Maria Rilke, il giovane bohémien che ha dato del filo da torcere a tutti a Worpswede, andandosene in giro con la camicia fuori dai pantaloni e declamando versi nella sua stanza, mentre picchiava sull’assito i suoi stivali rossi a ritmo indolente e irregolare. Invitato per l’Esposizione d’arte della Germania nordoccidentale, Vogeler è in partenza per Berlino, dove si presenterà nel suo travestimento da «principe azzurro di Worpswede». E la granduchessa o il granduca, con indosso l’uniforme di gala, gli consegneranno la Gran medaglia d’oro per l’arte e la scienza per il suo Concerto, un quadro celebrato da un esperto come un inno sonoro alla pace della sera, un momento di festa, di gioia di vivere meditativa. L’esperto non sa che l’opera rappresenta per Vogeler l’esatto opposto: una tragica assenza e un fallimento. La tragica assenza è quella di Rilke. Il poeta, nel dipinto, avrebbe dovuto sedere fra Paula e Clara, là dove si è seduto quando è comparso per la prima volta al Barkenhoff, un genio enigmatico e precoce le cui parole e sguardi facevano struggere le due donne. Il posto, invece, è vuoto, in un’opera che sancisce deliberatamente la fine del sodalizio tra un artista e un poeta che non si limitava a poetare. Il fallimento è quello dell’intera famiglia del Barkenhoff, la comunità di artisti andata in pezzi quando le dolci parole del poeta, per il quale le donne erano amanti o, nella migliore delle ipotesi, muse, sono improvvisamente apparse solo come vuote ideologie, prediche di un ciarlatano. Magnifico romanzo sull’origine di uno dei quadri più noti dell’inizio del secolo scorso e su una delle esperienze artistiche più originali del Novecento, Concerto di una sera d’estate senza poeta illumina un’epoca di grandi passioni e amori. «Concerto di una sera d’estate senza poeta è un vero capolavoro. Ci apre gli occhi sulle verità insite nell’arte e nella vita». Das Erste «Con grande empatia l’autore ci narra di una comunità di artisti. E racconta così mirabilmente che il lettore non può che rimanere incantato». Augsburger Allgemeine «Un ritratto d’artista eccezionale». Gießener Anzeiger