Parigi-la-politica e altre storie by Monique Wittig

Parigi-la-politica e altre storie

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Il testamento politico di Monique Wittig. Per la prima volta pubblicato in Italia. Monique Wittig, pioniera e fondatrice del movimento di liberazione delle donne francese, è la femminista più scandalosa e audace di tutti i tempi. È anche per questo che appare e scompare. Ogni generazione legge e si appassiona a opere diverse, che a loro volta appaiono e scompaiono. Parigi-la-politica e altre storie, forse l’opera più sconosciuta ma molto significativa di Wittig, uscita in Francia nel 1999 (ripubblicata nel 2023) e per la prima volta tradotta in italiano, raccoglie scritti composti tra il 1963 e il 1985, che costituiscono una suggestiva parabola degli anni di attivismo dell’autrice. Sono pagine amare, che traspongono in forma di apologo i conflitti vissuti dalla scrittrice all’interno del movimento di liberazione delle donne in Francia e la disfatta dell’epopea femminista prefigurata alla fine degli anni Sessanta: le guerrigliere cantate un tempo sono diventate «splendide giuda», le figlie della rivoluzione si divorano a vicenda mentre esaltano la propria differenza. In rotta con le compagne del movimento, Wittig prende posizioni forti: o si mette in discussione l’eterosessualità come modello sociale, o non si va da nessuna parte, il lesbismo è pratica politica e non solo orientamento sessuale. Lungi dal celebrare il femminismo come l’unica grande rivoluzione del secolo, Wittig, in controcanto, ce ne propone un’idea meno rassicurante, con un’impietosa disamina di cosa possa essere una rivoluzione tradita che non ha abolito le differenze ma si è degradata in “sinistro carnevale”. Tuttavia la fine grottesca di un’epica non è la fine di tutto. Spazio dunque agli stravaganti racconti che seguono (le altre storie). Dove, in una varietà delirante di registri di scrittura (parabola, favola distopica, montaggio cinematografico, satira, novella modernista, incursioni liriche), il finale resta ancora aperto, purché affiorino in superficie i brandelli di un’utopia resistente, di una coscienza non ancora invasa dall’ideologia eterosessuale, di una lingua che non avvelena chi la parla.

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