Tutti in qualche modo, attraverso le esperienze più varie, partecipiamo al “discorso sulla salute” e quindi, inevitabilmente, al “discorso sulla malattia”. Dopo essere stato accanto fino all’ultimo istante al marito e aver raccontato quell’esperienza in Nicolas, Nicola Gardini ha deciso di continuare a indagare la salute e la malattia condividendo con i lettori il percorso fatto negli ultimi vent’anni, in privato e in pubblico, non solo come marito, ma anche come figlio, come amico e come scrittore, con l’intenzione di aggiungere qualche spunto utile a concetti troppo spesso elusivi e controversi, nella speranza di essere di conforto per qualcuno e magari di ispirazione per altri. Gardini ha imparato a riflettere sulla malattia in termini linguistici e poetici leggendo Tucidide, Lucrezio e Virgilio; dal Decameron ha appreso che la letteratura è ricerca della salute. Studiando le biografie di Baudelaire e Nietzsche si è poi accorto che la loro sifilide era tanto degna di attenzione quanto le loro opere, illuminato dal pensiero che la malattia non impedisce agli esseri umani di essere grandi, che appartiene alla loro vita, che è vita a sua volta. Ci insegna, insomma, che la letteratura parla sempre di salute perché si preoccupa di spiegare la forza e la debolezza dell’essere umano, di ogni individuo umano e che gli scrittori, in quanto creatori di immagini e di concetti, hanno il dovere di liberare l’esperienza individuale da tutte le spersonalizzazioni dei protocolli medici e dalle semplificazioni oppositive vita/ morte e salute/malattia, dandosi il compito di rimettere al centro di qualunque discorso l’originalità e la particolarità di ciascun soggetto umano, risolvendo così, in una nuova armonia, l’apparente conflitto tra morte e vita.