"Quello che volevo, anche se all'epoca non capivo cosa fosse perché nessuno ti dice mai niente finché non lo sai già, era tutto. O tutto quello che sarei riuscita a ottenere con i mezzi che avevo. Soprattutto volevo una canzone di un certo tipo.
Come i profumi, alcune canzoni semplicemente mi stendono. E volevo finire stesa nell'attimo del profumo in cui non senti più niente se non il bagliore. Non dura a lungo, ma per avere tutto devi avere questi momenti di un'importanza così scollegata che il tempo scorre via increspato come un'inquadratura dell'acqua. Senza questi momenti, la festa paradisiaca che ti sei costruito può morire di sete. Sono come dosi di eccitanti, ti rendono più forte. Quando ti riprendi dal bagliore sai che vale i tormenti dell'invidia perché il mistero della vita svanisce appena ti dimentichi della morte, della gente che se la spassa senza di te. Il tempo scorre inosservato e il tempo è l'unica cosa che hai."
Eve Babitz è stata giornalista, inguaribile festaiola, gran lettrice e musa: tutto entro i trent'anni. Impareggiabile interprete dello spirito della sua città tanto nella vita quanto nella scrittura, ha raccontato la Hollywood dell'arte e della bohème come nessuno. I suoi ritratti di rockstar e attori, musicisti e oziosi, surfisti e prostitute, i suoi bozzetti di ristoranti da due lire, case di lusso, alberghi da leggenda sono irresistibili. La mia Hollywood, primo romanzo dell'autrice pubblicato nel 1974, è un tributo a Los Angeles composto da una delle sue figlie più affascinanti.